Separazione di coppia: come affrontarla
Separazione di coppia: Separarsi senza distruggersi
Quale funzione ha la coppia?
La relazione di coppia rappresenta la forma più efficace di psicoterapia in quanto in essa il singolo partner ha l’opportunità, nello sforzo di relazionarsi all’altro, di divenire consapevole delle propri potenziali capacità. Naturalmente, è necessario che la relazione sia abbastanza durevole perché questa opportunità venga sfruttata al meglio.
Potremmo dire insieme a Menghi P. che
“uno degli obiettivi fondamentali di una relazione di coppia e del matrimonio sia quello di favorire il processo evolutivo degli individui che ne fanno parte. Una coppia, sta tanto meglio quanto più riesce ad adattarsi alle esigenze connesse con il processo evolutivo dei due individui che la compongono: non solo adattarsi ma favorirne lo sviluppo.” (Menghi P., 1999, pag 43)
Come è possibile questo? Le neuroscienze e le neurobiologie ci vengono in aiuto perchè ormai è chiaro ed evidente che il triangolo del benessere è costituito da corpo, mente e relazione. Il cervello umano è costruito per essere direttamente influenzato dalle sue interazioni con altri cervelli e ciò passa attraverso l’interazione sociale. Quindi le relazioni umane plasmano lo sviluppo del cervello e della mente e possono favorire il raggiungimento di un equilibrio emotivo.
Separazione di coppia: a quale evento assistiamo ai nostri tempi?
Ciò a cui assistiamo oggi è un impoverimento del significato morale, etico e dei valori del matrimonio con un costante aumento della violenza all’interno delle mura domestiche. In quest’ultimo decennio, le donne uccise in Italia per mano del proprio compagno sono state all’incirca 1.200 per una media di una vittima ogni tre giorni. A queste si aggiungono le “vittime secondarie” del femminicidio, i figli rimasti orfani due volte (madre uccisa e padre in galera o suicida). Solo in Italia se ne contano più di 1600.
Spesso siamo spettatori delle continue sofferenze che le persone provocano e si provocano all’interno delle relazioni: matrimoni in collisione, separazioni violente, genitorialità conflittuali (madri che non lasciano vedere i figli ai loro ex mariti, padri che rinunciano al loro ruolo genitoriale, ecc.).
Perché l’amore l’amore vero, quello tanto sognato sembra essere diventato così disperatamente difficile? Come mai si rimane imprigionati nella morsa del contrasto? Cos’è che porta la coppia a rimanere schiava della propria situazione conflittuale anche dopo la separazione, instaurando, a livello di interazione, vere e proprie forme di patologia comunicativa e relazionale?
Quali sono i segnali di “cedimento” nella coppia?
Quando la coppia è in crisi, si assiste spesso al facile avvio di una discussione. Ogni volta che ci si rivolge all’altro si inizia con una critica o con sarcasmo. In questo modo si perde di vista il contenuto per privilegiare l’affermazione di chi ha ragione. In questi casi la critica servirà a dare responsabilità all’altro: “E’ colpa tua se…”, “Sei il/la solito/a…” .
Nella critica si giudica l’altro e, nel giudicato, si attiva il naturale sistema di difesa. Alcuni possono immobilizzarsi, andare in confusione, sentirsi disorientati e non sapere cosa fare o dire; altri possono attaccare apertamente o facendo ostruzionismo; altri ancora possono scegliere la via della fuga, ritirarsi nel silenzio, nel lavoro o in altre attività che li tengano lontani dal partner.
Quando la coppia è in crisi, si assiste spesso all’avvio automatico della distorsione dei significati. Si inizia a non ascoltare più l’altro, ma ad “ascoltare l’altro” che abbiamo creato nella nostra mente.Vengono scambiate parti di un messaggio per il tutto, si presume di capire cosa stia dicendo senza verificarlo (lettura della mente), si inizia a generalizzare, si nominalizza (“Mi confondi” anziché dire “io mi sento confuso quando…”), si dà per scontato che se l’altro ci ama saprà cosa vogliamo, senza che glielo si chieda. Quando poi il gioco si fa duro, la comunicazione diventa svalutante, aggressiva, offensiva, diventa un dialogo tra sordi. L’altro non è più visto come fonte di gratificazione, ma come il nemico da attaccare o da cui difendersi e, con il passare del tempo, si affievolisce la motivazione ad affrontare le difficoltà, spostando l’attenzione su altro: il lavoro, che non lascia tempo per pensare, i figli, che non si vogliono far andare via, una relazione extraconiugale, lo sport e il gioco come anestetizzanti per non sentire le sensazioni e le emozioni che provengono dal corpo.
Quando la coppia è in crisi, si assiste ad un indebolimento della comunicazione intima, quel tipo di comunicazione in cui ci si rivela e ci si svela all’altro, in cui si diventa più vulnerabili ma anche più complici. Talvolta manca, nella coppia, la capacità di affrontare il non detto. Accade, dunque, che il linguaggio dei sentimenti resti inascoltato, mentre prevale invece il linguaggio della collera, della rabbia e del risentimento.
Quando il legame di coppia non promuove un senso di sicurezza e l’altro non è fonte di gratificazione, si interrompe il “monitoraggio affettivo reciproco”. Una crisi di coppia non risolta genera, quindi, disconnessione affettiva, disregolazione dell’esperienza con l’altro e con se stessi e distorsione comunicativa.
Quando la coppia è in crisi, si assiste spesso alla difficoltà di riparare il contrasto o il litigio. I tentativi di riparazione falliscono costantemente. La tensione emotiva rimane sempre alta e, arrivati a questo punto, anche la storia passata viene riscritta in negativo. Sia il passato che il presente vengono percepiti sotto una lente deformata e la storia della coppia diventa strumentale nella lotta contro l’altro.
La separazione è un evento traumatico?
Nella separazione di coppia, la rottura rappresenta comunque un evento traumatico, anche nei casi di non conflittualità, e porta con sé rabbia, risentimento, dolore, paura, senso di fallimento. Entrambi i coniugi subiscono un lutto: perdono la figura di attaccamento.
L’idea di Bowlby J. che l’attaccamento giochi un ruolo cruciale nella vita dell’individuo “dalla culla alla tomba”, ha portato ormai da decenni a considerare il legame di coppia come un processo di attaccamento. Questo significa che il partner viene percepito come figura di significativa, alla stregua di quanto accade in età infantile; come persona in grado di proteggere e di soddisfare i bisogni di conforto.
Gli adulti desiderano il contatto con il loro partner quando sono in condizioni di stress, si sentono rassicurati se è questo a confortarli, sono in ansia se il partner non è accessibile, e riescono a condurre una vita sociale se sanno di poter contare su di lui.
Nel legame di coppia, tutti e due i partner possono, o quantomeno dovrebbero, attivare sia il “sistema motivazionale dell’attaccamento” sia il “sistema motivazionale dell’accudimento”, in modo reciproco, così che l’uno o l’altro possano essere pronti a coprire i due ruoli a seconda dei bisogni fisici ed emotivi di ciascuno, ad agire come colui che offre e che richiede protezione e/o conforto.
Considerare il partner figura di attaccamento porta a ritenere la rottura della relazione di coppia, sia se questa avviene lentamente attraverso l’affievolirsi del calore e dell’affetto, sia se questa avviene in modo brusco a causa di un tradimento o perché l’altro non ci ama più, come un evento traumatico in cui si hanno diverse perdite:
- perdita della figura significativa su cui si era investito,
- perdita di parti del proprio Sé proiettato sull’altro,
- perdita del progetto di vita,
- perdita delle cose che facevano piacere ad entrambi (dall’idea politica al sesso),
- perdita delle proprie sicurezze e certezze ,
- perdita delle proprie aspettative,
- perdita del vecchio modo di stare con i figli.
La reazione degli individui a questo momento di stress drammatico rimane personale e dipende anche dalla struttura di personalità del singolo individuo. Nella separazione di coppia, c’è chi vive la separazione come svincolo (ed in questo caso è un processo di crescita), chi la vive come rifiuto o come perdita di qualcosa che si credeva illusoriamente di possedere. In questo secondo caso, è più facile che la persona manifesti forme di protesta che possono andare dalla rabbia al risentimento, dal rancore all’odio per se stesso e per l’altro.
Separazione di coppia.
Conclusioni
Quando non ci si sofferma, quando non si cerca di comprendere ciò che sta avvenendo dentro di noi, per cui finiamo a litigare giorno dopo giorno con la persona che fino a qualche tempo prima si è amata si rischia di aderire irriflessivamente alla separazione abbracciando l’idea illusoria che liberarsi dell’altro rappresenti la soluzione per stare meglio. Tale idea porta le persone ad agire l’interruzione della relazione senza concedersi il tempo di affrontare le cause e le conseguenze che questa rottura avrà per se stessi e per i figli, che loro malgrado subiscono le decisioni degli adulti. Nella separazione di coppia, il rischio è che si finisce per confliggere con il partner utilizzando il sistema giudiziario dove ci si aspetta che una terza parte, il giudice, dia ragione alle nostre sofferenze.
E’ dunque necessario che la persona attivi uno spazio proprio per poter:
- anzitutto, recuperare il significato della perdita all’interno della propria storia personale
- riconoscere e comprendere le proprie responsabilità se la coppia non c’è più (l’errore è di credere che tutto dipende dall’altro)
- riconoscere quali siano i propri reali bisogni, non soddisfatti dalla relazione di coppia (bisogni di autonomia, di autoaffermazione, di autorealizzazione, di essere visti, di sentirsi importanti, di ricevere carezze).
I dati statistici riferiscono di un aumento di bambini o comunque minori che, loro malgrado, entrano nel tunnel della conflittualità. Ciò genera esperienze di inimmaginabile dolore e sofferenza. Nella quotidianità si riscontrano molti casi e molte diverse modalità: i casi di quei genitori non affidatari che, allontanati dai propri figli, reagiscono negando la propria affettività, ovvero rinunciano all’esercizio del proprio ruolo genitoriale; i casi di Parental Alienation Syndrome (PAS); i casi di denuncia verso padri per inesistenti ipotesi di violenze sui minori, talora strumentalmente finalizzate a richieste di decadenza dalla potestà parentale; i casi più eclatanti di quei minori che – subendo situazioni che abbiano un certo risalto nella cronaca locale ovvero nazionale – subiscono una sorta di marchio indelebile, rimanendone feriti a vita; i casi, infine, di figli orfani di genitore per mano dell’altro.
Le soluzioni giudiziarie, come noto, tendono a comporre i conflitti della famiglia solo sotto il profilo pragmatico e fattuale (assegno di mantenimento, turnazione delle visite per il genitore non affidatario, et cetera). Restano fuori dall’ambito giudiziario, così, le vere radici del conflitto, radici che molto probabilmente le soluzioni giudiziarie, nella loro burocratica pragmaticità, amplificano anziché incanalare nella ricerca, nel rinvenimento e nella soluzione degli elementi fondanti.
E’ per questo che ritengo che la separazione di coppia sia innanzitutto una questione che riguarda la salute mentale, prima ancora che la giustizia. Questo per la semplice ragione che il sistema giudiziario, a cui la coppia in conflitto ricorre, è esso stesso basato sul conflitto e, come tale, può solo inasprire lo stress e provocare il cronico prolungarsi di reazioni psicopatologiche. La separazione di coppia riguarda la salute mentale perché una persona allagata dall’emotivo e sequestrata dalla propria rabbia non può entrare in contatto con i propri veri bisogni; bisogni che forse, non essendo stati soddisfatti nel tempo, diventano la causa del tracollo della relazione stessa. A volte l’odio che si prova verso l’altro coniuge non è altro che l’espressione dell’odio che la persona nutre verso se stessa, in quanto non è riuscita ad evitare il dramma e a salvare la propria unione. Ne consegue che la persona, per potersi separare al meglio, ha bisogno di uno spazio temporale, mentale ed emotivo per:
- affrontare un lavoro di presa di consapevolezza, che la aiuti a ricostruire nel tempo quando la coppia ha iniziato a “perdere le foglie”,
- affrontare un lavoro di presa di consapevolezza che la aiuti a comprendere ciò che ha svalutato di se stessa e in che modo è responsabile della rottura,
- affrontare un lavoro di presa di consapevolezza che la aiuti ad arrivare alla libera scelta di separarsi, senza rancore, né vendetta o rabbia,
- recuperare un’immagine mentale di Sè e dell’altro come persone ok: mi fido di me e mi fido di te. “Io sono ok, tu sei ok, anche se ci stiamo separando.”
Perché tale passaggio possa avvenire, penso che ogni membro di una coppia in crisi debba poter usufruire di uno spazio terapeutico prima ancora di intraprendere la via giudiziaria. E’ cioè necessario che ciascuno possa fermarsi e fare i conti con i sentimenti legati sia alla fine di un progetto coniugale e familiare, sia alla fine di un percorso di vita. Tutto ciò consentirebbe alle persone di avere uno spazio adeguato nell’ambito del quale rivedere la propria storia, poter salvare le parti buone della relazione che si è interrotta, fare i conti con il tempo che è passato e che non torna indietro. Nonostante le ferite della separazione di coppia, il passato comunque trascorso con l’altro ci ha anche permesso di essere ciò che oggi siamo. In particolare, che oggi siamo in un altro tempo, sebbene fuori della relazione di coppia, con ancora tanto da scoprire per conoscerci e assaporare il senso del nostro vivere.
Bibliografia:
Andolfi M.: “La crisi della coppia”, Raffaello Cortina, 1999
Attili G.: “Attaccamento e costruzione evoluzionistica della mente”, Raffaello Cortina, 2007
Bowlby J.: “Costruzione e rottura dei legami affettivi”, casa editrice, 1982
Cantelmi T., Barchiesi Brossura R.: “Amori difficili”, San Paolo, 2007
Carli L., Cavana D., Zavattini G.C.:”Psicologia della relazione di coppia”, Il Mulino, 2009
Gullotta G.: “Commedia e drammi nel matrimonio”, Feltrinelli, 2011
Norsa D. : “Equivoci di coppia”, Baldini Castoldi Dalai, 2007
Panza A., Romanini M., Tauriello S.: “Corporeità. L’oggetto originario concreto: un’ipotesi psicoanalitica in espansione”, casa editrice, 2009
Sills C., Hargaden H.: “Analisi Transazionale: una prospettiva relazionale”, Ananke, 2012
Togliatti M. M., Lavadera A.: “Dinamiche relazionali e ciclo di vita della famiglia”, Il Mulino, 2002
“Separazione di coppia” – Articolo di Lorella G. Palumbo Psicologa Psicoterapeuta Roma