Psicologia e videogiochi. Attività pericolosa o attività di apprendimento?
Psicologia e videogiochi. La Riflessioni sui dati emersi da una ricerca compiuta nelle scuole superiori di lingua italiana in alto Adige condotta dal Dott. Guido Carriero psicologo, docente a contratto presso la Libera Università di Bolzano, Facoltà di Scienze della Formazione.
Psicologia e videogiochi. Premessa
Spesso mi sono domandato perché specialmente tra gli adulti esista quasi un clima di sospetto circa la pericolosità dei videogiochi, che li porta a condannarli, demonizzandoli senza, il più delle volte, nemmeno conoscerli.
Eppure sono una attività ludica largamente diffusa tra i giovani, sarà forse un indicatore ulteriore della “lontananza” tra il mondo adulto e quello giovanile? Sarà frutto di una informazione offerta dai media spesso improntata sull’enfasi monotematica e generalizzante della pericolosa manipolazione del comportamento operata dai video giochi?
Ci si sofferma sugli episodi epilettogeni della cui eziologia da video gioco ci sarebbe da discutere; infatti sia la Società Nazionale della Epilessia Inglese dal 1992, sia molti studi fra cui quello pubblicato da Federico Vigevano, primario di neurologia dell’Ospedale del Bambin Gesù di Roma sul supplemento salute n°20 del Maggio 1998 del quotidiano “ La Repubblica “ hanno dimostrato che spesso vi è una predisposizione riferita ad un esiguo numero di persone che sono affette da epilessia fotosensibile, la quale può essere attivata anche dalle luci in discoteca o da certi lampeggiamenti a frequenze particolari la cui fonte può essere anche, in ultima analisi la televisione.
Tali riflessioni mi hanno spinto ad avvicinarmi a questo tema, acculturandomi sullo stesso, per avere una modalità comunicativa più vicina ai ragazzi con cui andavo a lavorare e attraverso le loro osservazioni, riportate ed ordinate in un questionario, ho cercato di apprendere la loro visione su questo tema.
E’ stato interessante scoprire alla fine quanto bisogno ci sia di restituire una comunicazione scientifica sull’argomento, superando le dicotomie giusto o sbagliato, per addivenire ad una riflessione che come vedremo disvela in profondità la necessità di una nuova relazione ed interazione tra giovani ed adulti per : “ascoltarsi e per ascoltare” anche sull’uso dei video giochi, evitando che quest’ ultimo diventi un prevalente soggetto relazionale.
Psicologia e videogiochi: un pò di storia
Il televisore, quel potente e diffuso media offre da sempre notizie, immagini emozioni con una modalità interazionale passiva, nel senso che il telespettatore appunto guarda questo elettrodomestico.
Nel 1970 in USA un giovane ingegnere non ancora trentenne, ha una intuizione: costruisce un congegno che mette in relazione l’essere umano con l’interno del televisore.
E’ possibile per la prima volta manipolare quello che si vede sullo schermo, nasce Odyssey 500 e dopo una decisa ricerca di finanziamenti nel 1971 nasce il primo videogame Pong consistente in due lineette bianche usate come racchette (che potevano essere spostate verticalmente) ed un quadratino bianco usato come pallina che produceva nell’impatto un suono che ricordava quello della pallina di celluloide usata nel ping pong.
Fu un successo ed il nostro ingegnere fondò l’Atari che divenne una ricca corporation del divertimento e nel giro di tre anni trionfò in borsa a Wall Sreet.
Da allora ad oggi i videogames sono diventati, come vedremo, molto più sofisticati ed è il mezzo di intrattenimento preferito dai giovani. Tanto che il Servizio di Educazione alla Salute relativamente all’ambito delle scuole medie superiori, ha ritenuto di inserire tale corso nel novero delle sue iniziative, per esplorare un pianeta ancora sconosciuto alla maggior parte degli adulti e che sta rivoluzionando il linguaggio ed il costume dei giovani.
Tipologie di videogiochi
I videogames si distinguono in numerose categorie, anche molto differenti tra loro a seconda dell’obiettivo e della struttura che il giocatore è chiamato a raggiungere.
Possiamo suddividerli in: giochi con molta azione e poca o nessuna riflessione ( ARCADE, SPARATUTTO, SPORTIVI E GIOCHI DI GUIDA ) oppure giochi con molta riflessione e poca azione ( SIMULAZIONI DI GUIDA, STRATEGICI, ROMPICAPI E ADVENTURES ).
Cominciamo ad analizzare la prima categoria che comprende: ARCADE o giochi di azione.
Psicologia e videogiochi. Arcade o giochi d’azione
Secondo alcuni costituiscono i videogiochi per antonomasia riprendendo quella che era la struttura dei primissimi videogiochi da Bar che fecero capolino a partire dalla metà degli anni settanta: richiedono esclusivamente l’abilità manuale ed i riflessi del giocatore che deve destreggiarsi attraversi percorsi e labirinti vari, evitando avversari o trappole che farebbero terminare il gioco una volta esaurite “le vite” a disposizione, cercando di ottenere la vittoria raccogliendo più punti possibili colpendo determinati obiettivi disseminati sul percorso. L’esempio storico più noto e quello del gioco “ PACMAN ”. In questa categoria appartengono anche i cosi detti PLATTFORM (giochi di piattaforme) la cui particolarità consiste nel fatto che i percorsi sono costituiti da delle piattaforme da una all’altra delle quali il giocatore deve saltare per progredire nel gioco.
Un esempio notissimo ne è la serie di giochi dedicati a SUPER MARIO BROS.
Psicologia e videogiochi. Sparatutto
Sono giochi concettualmente simili agli arcade con la differenza che in essi lo scopo principale è quello di sopravvivere evitando i colpi altrui ma anche sparando ed abbattendo gli avversari che sono diversi a seconda della ambientazione del gioco. Capostipite di questo genere era quello che forse è riconosciuto universalmente come il primo famoso videogioco della storia “SPACE INVADERS”.
Negli ultimi anni con l’avvento di macchine da gioco sempre più potenti si sono affermate in modo eclatante i CD “sparatutto in soggettiva” giochi dove il personaggio guidato dal giocatore non viene comandato da una visuale per così dire dall’alto ma in soggettiva.
Consentendo al giocatore di muoversi attraverso gli scenari del gioco come se fosse esso stesso ad avanzare per mezzo della sua stessa vista. Da ricordare in questa categoria giochi come: DOOM gioco estremamente realistico nel quale il giocatore impersona il ruolo di una sorta di guerrigliero vendicatore che deve impedire l’invasione aliena sulla terra; non esiste strategia o riflessione quello che conta è la potenza di fuoco! QUAKE evoluzione del gioco precedente, migliora la grafica, si hanno addirittura le mosche sui cadaveri straziati e anche qui molto sangue…
Psicologia e videogiochi. Sportivi
Sono giochi che simulano i più disparati giochi o sport esistenti, basti pensare a quelli dedicati al calcio, numerosissimi al flipper e al biliardo. Richiedono sia abilità manuale che strategia per prevalere su un avversario che può essere di volta in volta un altro giocatore o il computer stesso.
Psicologia e videogiochi. Giochi di guida
Sebbene possano essere considerati dei giochi sportivi, questi meritano una menzione speciale, in quanto numerosissimi e diversificati a seconda del tipo di mezzo di cui simulano la conduzione: oltre ai giochi dedicati alle auto o alle moto, si trovano anche giochi in cui è possibile guidare mezzi meno usuali, quali motoslitte, cavalli da corsa ecc.
A volte i giochi di guida combinano anche elementi dei giochi di azione o sparatutto dotando il mezzo di armi con cui sparare agli avversari per eliminarli.
Un esempio di gioco misto di questo tipo è il famigerato “ CARMAGGEDON” che tanta discussione ha creato in quanto il giocatore, alla guida di una macchina in città aveva come obiettivo non di uccidere mostri o mutanti ma quello di investire il maggior numero di pedoni.
In questa prima rapida carrellata di giochi di azione si possono già intravedere l’apprendimento nel giocatore di alcune capacità quali: lo sviluppo della memoria visiva, dei riflessi e del coordinamento oculo-motorio, ma si possono altresì evidenziare alcuni rischi come un prolungato affaticamento accompagnato da una forte sovreccitazione.
Passiamo adesso a descrivere l’ altra grande categoria di giochi cioè quelli con molta riflessione e poca azione.
Psicologia e videogiochi. Simulazioni
Tali giochi consentono a chi li pratica di provare la sensazione di potersi cimentare in modo realistico in una qualche attività.
Esistono per esempio i simulatori di guida tra cui spiccano quelli di volo: a differenza dai giochi di guida precedentemente descritti che non implicano alcuna difficoltà nell’impararli, in queste simulazioni il giocatore deve apprendere tutta la tecnica necessaria sin nei minimi dettagli di conduzione del mezzo a sua disposizione.
Viene richiesta dunque una fase preliminare di apprendimento e solo successivamente si può passare alla pratica rendendo questi giochi adatti ad un pubblico di appassionati.
Esempio più rappresentativo della serie è “ FLIGHT SIMULATOR “.
Si possono mettere in atto altri tipi di simulazioni che hanno a che fare con le più disparate attività: si pensi alla possibilità di gestire una città essendone il sindaco, oppure dovere progettare uno ospedale sia dal punto di vista urbanistico, dell’arredamento e dell’assunzione del personale : a seconda delle scelte e delle azioni del giocatore si verificheranno una serie di conseguenze che simulano appunto quanto potrebbe accadere nella realtà.
Psicologia e videogiochi strategici
Simili alla categoria precedente producono degli effetti a seconda del comportamento del giocatore indirizzando gli eventi verso un esito positivo o negativo.
Esempi sono: la guida di una squadra di calcio durante il campionato, con ampi compiti di gestione.
Tra gli strategici vanno ricordati i WARGAMES in cui i combattimenti non vengono comandati in prima persona dal giocatore ma anche essi decisi dal computer in base alle scelte ed alla strategia adottata dal giocatore.
Psicologia e videogiochi. Rompicapo
Il giocatore deve risolvere dei rompicapi mediante ragionamenti logici.
Psicologia e videogiochi. Adventures
I giochi riflessivi per eccellenza; sono strutturati in modo molto simile ad un film e le avventure sono dei giochi che fanno vivere al giocatore una storia in prima persona.
La particolarità di questi giochi risiede nel fatto che la trama e la storia progrediscono soltanto se il giocatore attraverso l’esplorazione delle locazioni di gioco il dialogo con altri personaggi , la raccolta di oggetti lungo il cammino ed il loro giusto utilizzo, compie le corrette azioni che l’avventura richiede per essere risolta.
Spesso ispirate a film esistenti, le avventure possono essere ambientate in molti contesti diversi: polizieschi, storici, comici ecc. Esempio ne è la saga di Indiana Jones.
Di recente si sono affermati dei giochi che vengono chiamati ARCADE – ADVENTURE perché abbinano situazioni di azione a risoluzione di enigmi, esempio ne è “TOMB RAIDER“. Un genere simile è quello dei giochi di ruolo quasi sempre ad ambientazione fantasy in cui il giocatore impersona un personaggio assumendone le caratteristiche peculiari.
Come per i giochi di azione possiamo rilevare alcuni possibili effetti positivi quali lo sviluppo della curiosità, della pazienza, delle capacità logiche e di problematizzazione mentre per contro possiamo rilevare frequenti sensi di frustrazione per incapacità nella loro risoluzione ed una sensazione di realismo a volte esasperato.
Per concludere questa breve carrellata occorre riferire della progressiva diffusione dei giochi che utilizzano la rete di internet per giocare in gruppo, la Blizzard una software hause USA è sta una delle prime a promuovere questa tipologia di multiplaying ricordiamo Warcraft e Diablo.
Poi è venuto Ultimaonline, un gioco interamente concepito per essere agito in rete, con grande creatività i progettisti hanno creato un intero smisurato mondo virtuale in fantasy, con le stagioni i ritmi di crescita e riproduzione dei personaggi che lo compongono.
Dopo aver brevemente introdotto il tema dei videogiochi, passiamo a descrivere la caratterizzazione dell’intervento formativo effettuato nelle scuole di lingua italiana in alto Adige condotta dal Dott. Guido Carriero psicologo, docente a contratto presso la Libera Università di Bolzano, Facoltà di Scienze della Formazione.
Psicologia e videogiochi: il contesto della ricerca
L’intervento ha interessato sette scuole medie superiori della Provincia di Bolzano:
I.T.C. “Battisti” sede di Laives, n° 2 classi coinvolte (1^ e 2^) per un totale di 18 alunni;
I.T.I. “G. Galilei” di Bolzano n° 7 classi coinvolte (1^-2-3-4-5^) per un totale di 111 alunni;
Lic. Sc. “Torricelli” di Bolzano n° 1 classe coinvolta (3^) per un totale di 18 alunni;
I.T.G. “A. Delai” di Bolzano n° 1 classe coinvolta (4^) per un totale di 20 alunni;
I.P.I.A.”G. Galilei” di Bolzano n° 2 classi coinvolte (1^) per un totale di 44 alunni;
Lic. Sc.”B. Pascal” di Merano n° 5 classi coinvolte (1^-2^) per un totale di 59 alunni;
I.P.S.C.T. “Falcone e Borsellino” di Bressanone n°2 classi coinvolte (4^) per un totale di 15 alunni.
Inoltre ha aderito all’iniziativa anche il Convitto Nazionale “D. Chiesa” di Bolzano per un totale di 40 convittori provenienti da diverse scuole superiori cittadine.
Tirando le somme abbiamo un campione di 325 ragazzi frequentanti il corso proposto.
Gli strumenti utilizzati
Per introdurre utilmente l’argomento, è stata realizzata una video cassetta VHS della durata di 30 minuti, nella quale sono stati registrati spezzoni significativi di 10 tra i videogiochi più diffusi.
Sono state offerte alla consultazione dei ragazzi riviste specializzate sul settore videogames. Inoltre al fine di utilizzare la “voce” dei fruitori dell’intervento è stato approntato un breve questionario somministrato alla fine dell’incontro.
La metodologia
Visto il target di utenza, è stata scelta una metodologia coinvolgente, dialogica che ha richiesto allo scrivente, una inculturazione sia lessicale che antropologica sul tema, a tal fine desidero ringraziare il dott. M. Pantozzi, da molti anni un appassionato videogiocatore, per la sua pazienza e competenza , senza il suo aiuto difficilmente sarei riuscito ad apprendere le linee essenziali di questo variegato ed interessante universo ludico.
Ogni incontro cominciava con la presentazione del tema, insistendo molto sul valore della loro partecipazione ai fini di una migliore comprensione dell’interazione con i videogiochi, tratta dalle considerazioni di chi direttamente li usa e non solo interpretata da un esperto.
Successivamente veniva proiettato il video “specifico” (35’) usato come reattivo psicologico focalizzante il tema oggetto dell’intervento formativo. Si tratta di una raccolta di 10 videogames scelti prevalentemente nella categoria “molta azione e poca riflessione”; nello specifico : CRASH BANDICOT, MICROMACHINES V3, TEKKEN 2, MEDAIL OF HONOR, F 1, COLIN MC RAE RALLY, ISS PRO, SLED STORM, DRIVER, RESIDENT EVIL 2. Intenzionalmente ogni gioco è stato fatto terminare dopo tre – cinque minuti, per non appesantire troppo l’attenzione, ma per sollecitarla con variegati stimoli.
Terminata la proiezione il “clima comunicativo era già sufficientemente caldo” per attivare le domande e le considerazioni dei partecipanti. Desidero riportare le domande più frequenti relative alla mia opinione sulla pericolosità dei videogiochi nel condizionare chi li pratica verso comportamenti devianti, magari presenti nei personaggi o nelle azioni richieste dal gioco. Tale richiesta deve fare riflettere il mondo degli adulti e in particolare i genitori, gli educatori e gli studiosi delle discipline psicologiche, pedagogiche e sociali.
La pericolosità di queste attività ludiche, sposata acriticamente da molti adulti è in fondo una conferma del “messaggio” che emerge dei media: “giovane colto da crisi epilettica mentre videogioca”, “si getta dalla finestra emulando l’eroe del videogames”, “picchia il fratello e l’amico, con la tecnica e l’aggressività appresa nel video gioco preferito”.Spesso tali notizie sono in prima pagina con titolo ad effetto ed io mi domando: al di là del diritto di cronaca, si fa informazione offrendo di un tema prevalentemente gli aspetti pericolosi, degeneri e negativi che inducono negli adulti paura generalizzata e acritica?
Quest’ultima è priva di oggettivi elementi che aiutino ad interpretare il fenomeno inducendo spesso a trovare la scorciatoia offerta dalla colpevolezza del videogioco. Riprenderò nelle riflessioni finali di questa ricerca il tema della relazione non solo tra giovane e video gioco, ma tra giovane, adulto, genitore, modelli culturali e videogioco.
La parte finale delle tre ore a disposizione veniva utilizzata come sintesi di quanto emerso anche attraverso la somministrazione del questionario “specifico” che fungeva come catalizzatore del sapere e delle osservazioni dei ragazzi sull’argomento trattato, trasformandoli in protagonisti cognitivi, motivati a condividere il loro pensiero sul tema. Tale questionario è stato studiato per analizzare, partendo dalla richiesta di come, chi compila trascorra il suo tempo libero, quali siano le categorie di video giochi preferiti, quanto sia il tempo ad essi dedicato,ma soprattutto quali le emozioni vengano da essi evocate con maggiore frequenza.
I risultati
La quantità dei questionari raccolti (325) ha reso il campione oggetto della ricerca utile per alcune considerazioni sui dati emersi: “tempo quotidiano dedicato ai videogame” dove si osserva che solo l’11% del campione gioca raramente, mentre ben il 22% gioca tra una e due ore al giorno ed una identica percentuale da venti a quaranta minuti al dì.
Tra i “giochi preferiti” troviamo come la categoria di gioco in assoluto più indicata sia AVVENTURE con il 35% delle scelte seguita a breve da SIMULAZIONI e PICCHIADURO (rispettivamente 30%), mentre l’ORROR ha ricevuto 20%; il restante 15% è grosso modo ridistribuito nella scelta delle altre categorie.
Per quanto riguarda “le emozioni sperimentate giocando” in questa categoria abbiamo la soddisfazione ed il divertimento in testa 45%, la tensione risulta essere ad una percentuale più bassa 25% mentre è interessante rilevare che al terzo posto come percentuale di indicazione, troviamo la risposta non so oppure non risponde 30%. Questo dato verrà analizzato successivamente, comunque è eloquente il disagio nell’individuare l’emozione vissuta da parte dei giovani giocatori.
Una riflessione su quanto emerso
E’ una ricerca che interessa solo le scuole superiori di una provincia quella di Bolzano, ma credo che comunque emergono dei dati su cui riflettere.
Tempo dedicato a videogiocare: è un dato rilevante, perché ben il 40% del campione dedica dai 40’ ai 120’ a questa attività ludica che influenza di conversa le abitudini del tempo libero: sempre di più si preferisce agli amici,al gioco in cortile l’“amico/nemico” (in quanto spesso sfidante) computer.
Tempo, spesso significa anche condizionamento; l’ottima riproduzione della realtà probabilmente concorre a favorire questo fenomeno che però viene ridimensionato se il videogiocare rappresenta, secondo quanto sostenuto dalla teoria psicologica della gestalt “ lo sfondo ” e non la “ figura ” dell’attività. Cioè, se tale attività è solo una tra quelle ludiche svolte dal minore risulta conseguentemente marginale sia temporalmente che emotivamente.
Mentre se si gioca anche con altri amici è la socialità l’elemento pregnante dell’incontro e della relazione e non la macchina. Altro aspetto emergente negli incontri effettuati è l’ enorme interesse per questo tema con la sorpresa, da parte dei ragazzi nel trovarsi davanti un adulto che “sa” di videogiochi e che è interessato a parlarne scambiando opinioni ed ascoltando le loro riflessioni; in una parola comunica su questo tema, non giudica o appare indifferente.
Questo apre un’altra riflessione: gli adulti si occupano di videogiochi solo quando questi balzano agli onori della cronaca (crisi epilettiche in giovani che videogiocano), si accostano dunque a questa attività ludica solo in chiave ansiogena, negativa e comunque “esterna”al mondo dei giovani.
Ragazzi soli, che non si sentono ascoltati dagli adulti, e riempiono questa solitudine spesso isolandosi ancora di più nella relazione con il computer, non solo attraverso i videogiochi ma, anche utilizzando le chat line al posto del vecchio diario, per confidare alla rete, “nascosta dietro nick name”, i moti dell’anima. Emerge nei giovani questo bisogno di trovare adulti che ascoltino e si ascoltino.
L’ elevata difficoltà nel rintracciare ed individuare le emozioni sperimentate videogiocando la dice lunga sul bisogno di non pensare, di utilizzare gran parte del tempo libero per essere soddisfatti, per divertirsi in un modo però virtuale.
Aprendo tra gli educatori il grosso tema dell’educazione emotiva, sulla quale la maggioranza di noi è impreparato, crede che gli altri “sentano emotivamente quello che sentiamo noi” e così, le emozioni non si comunicano, si da per scontata la loro comprensione da parte dell’altro, per poi rimanere delusi, incompresi, frustrati nelle relazioni sociali.
Cosa possiamo fare,quale è la nostra responsabilità come adulti ed educatori nei riguardi dei giovani?
Innanzitutto recuperare la nostra autorevolezza entrando nel mondo giovanile, non snobbandolo, superficialmente definendolo lontano da noi o peggio riconducendolo alle categorie interpretative presenti nella nostra adolescenza. Noi genitori potremmo non solo dare i soldi per acquistare il CD con il gioco, ma chiedere dello stesso,interessarsi e perché no giocare, manifestando curiosità, rendendosi conto, di che cosa intratterrà nostro figlio o figlia per molte ore.
Questo significa non controllare ma condividere, informarsi ed anche, quando necessario, mettere dei confini, adducendo argomentazioni convincenti, perché tratte da una realtà conosciuta.
Stiamo vivendo una discomunicazione nata per assurdo da una eccessiva quantità di dati ed informazioni che rendono piccolo questo mondo globalizzato, ma dove si colloca la qualità dei messaggi trasmessi ? E l’ascolto, nella sua accezione psicologica di accogliere, dove è andato a finire?
Lascio queste domande aperte, chiedendo a ciascuno dei lettori di rispondere con il cuore prima che con la razionalità della mente.
Dott. Guido Carriero