Disturbi del linguaggio: La balbuzie. Cosa è e come si cura.
La balbuzie è uno dei più complessi disturbi del linguaggio.
La balbuzie è un disagio presente in tutte le culture e gruppi sociali ed interessa circa l’ 1% della popolazione mondiale, il sesso si dimostra rilevante con una proporzione di quattro a uno di maschi rispetto alle femmine. Da un punto di vista sociale la balbuzie come problema di comunicazione coinvolge tre soggetti della relazione: la persona che balbetta, la sua famiglia e gli “altri”. Una vera e propria “triade inceppata”. Il meccanismo patogenetico del disturbo risiede in un laringospasmo a livello delle corde vocali, che impedisce il normale flusso della corrente aerea. Ciò determina una paralisi pre-suono che ne ostacola la formazione.
La balbuzie. Somatica
L’aspetto somatico è fondamentale, infatti l’utilizzo di tali intrecci emozionali, che facilitano la chiusura delle corde vocali, vengono vissuti attraverso rossori, sudorazione, smorfie. Atteggiamenti somatici, sono differenti da soggetto a soggetto, quali: tic facciali (come chiudere gli occhi), tremori alle labbra, della mascella, scalpitare con i piedi, movimenti della testa, contorsioni dell’intero corpo, ecc.
Il blocco non è solo quindi nella parola, ma lo possiamo notare anche a livello corporeo; è come se il soggetto balbuziente fosse imprigionato nel suo stesso corpo.
La conversazione a scatti è dunque paragonabile ad un’aggressività che vorrebbe uscire, ma non ha il coraggio, dunque rimane ogni volta bloccato a livello delle corde vocali. L’autonomia e l’indipendenza del soggetto disfluente sono esigenze che evidentemente non trovano lo spazio necessario.
La balbuzie. Neurofisiologia
Da un punto di vista neurofisiologico, anticipando il momento del balbettare, avvengono nel soggetto dei cambiamenti: il respiro si fa più corto e veloce, il battito cardiaco aumenta, si manifesta un calo del tasso glicemico e di alcune proteine ematiche, insorgono alterazioni nella distribuzione del volume circolatorio, aumenta la conduttanza cutanea e si dilatano le pupille, all’elettromiografia si nota elevata contrazione nei muscoli della laringe e distorte attività delle corde vocali con e senza balbuzie, infine una modificazione del normale tracciato elettroencefalografico delle onde dispari, oltre ad alcune particolarità nel funzionamento del sistema nervoso centrale.
Studi di neuroimmagine hanno dimostrato che la balbuzie può essere associata sia ad un’anomalia nella materia bianca dell’emisfero sinistro (Sommer et al. 2002) nelle aree deputate al linguaggio sia ad un’iperattività nell’emisfero destro. Quest’ultimo può compensare la deficitaria connettività strutturale dell’emisfero sinistro. L’anomalia strutturale gioca un ruolo causale nella sindrome mentre l’anomalia funzionale un ruolo compensatorio. Katrin Neumann e collaboratori hanno svolto un’importante ricerca su pazienti balbuzienti: con l’utilizzo della risonanza magnetica sono stati analizzati alcuni soggetti disfluenti prima e dopo la terapia; Questo studio dimostra come una terapia di successo possa rimodellare i circuiti cerebrali vicino all’origine della disfunzione invece di rinforzare la compensazione attraverso vie omologhe controlaterali dell’emisfero.
La balbuzie. Psicodinamica
Da un punto di vista psicodinamico il paziente balbuziente spesso è investito da un sentimento di vergogna per il suo problema e cerca in tutti i modi di nasconderlo.
Talvolta si sente in colpa per non riuscire ad ottenere dei buoni risultati a causa del suo essere disfluente, ciò lo fa sentire molto frustrato. La sua esistenza è accompagnata sovente da un vissuto di ansia e da una bassa autostima.
La balbuzie scaturisce per effetto di una chiusura impropria delle corde vocali, dovuta essenzialmente ad un’erronea fase di inspirazione mentre è in atto un evento (il parlare) che richiederebbe invece l’espirazione. I balbuzienti avvertono questo blocco, a livello delle corde vocali, e descrivono la sensazione come sgradevole, paragonata a quella di avere un sasso in gola; molto spesso riescono a percepirlo anche in anticipo, ed allora si nota come il soggetto tende a chiudere la bocca, a socchiudere le labbra, fino all’imminenza del blocco, in cui talora il labbro superiore mostra un netto tremore.
Il tono di voce del soggetto è di solito monotono, poco o per nulla espressivo; il balbuziente si mostra decisamente insicuro, difficilmente guarda negli occhi l’interlocutore, e richiede spesso segnali di approvazione quali cenni affermativi col capo e parole di incoraggiamento.
La problematica diviene assai complessa soprattutto perché i pazienti tendono a sollevare meccanismi difensivi allo scopo di mantenere il loro equilibrio, talvolta rinnegando in maniera netta l’esistenza di alcun disturbo o disagio, e dimostrano di non avere alcuna consapevolezza del problema, che si traduce in una scarsa propensione ad intraprendere un percorso terapeutico.
Tali dinamiche possono essere talmente marcate da richiedere, prima del trattamento vero e proprio della balbuzie, un lavoro di tipo psicologico.
Si creano inoltre, nell’ambito familiare, meccanismi che tendono a complicare la situazione. Ad esempio i familiari parlano troppo velocemente, il balbuziente viene interrotto e si ha la tendenza a finire la frase al suo posto. Quando questo succede i familiari devono essere interessati dal processo riabilitativo, ed inclusi, seppure in maniera più marginale, nel contesto terapeutico.
La terapia della balbuzie consiste essenzialmente nella rieducazione da parte del paziente a mantenere, durante l’eloquio, le corde vocali aperte e rilassate, mantenendo la fase espiratoria per tutta la durata del discorso; le labbra devono risultare dischiuse mentre in precedenza il soggetto tendeva a serrarle, ed il ritmo del discorso deve risultare più lento in maniera da evitare blocchi e contrazioni.
Una volta insegnata la metodica il paziente dovrà applicarla anche a casa effettuando alcuni esercizi che migliorano e rendono più rapido il processo riabilitativo. Importante, inizialmente, sarà valutare il grado di motivazione del soggetto ad affrontare il percorso terapeutico, specie in relazione all’ambito familiare ed alle dinamiche che si sono sviluppate nel corso della vita del paziente.
Genitori o parenti prossimi che tendono a giustificare e discolpare il paziente che si rifiuta di eseguire l’esercizio, richiedono ovviamente da parte del terapeuta un maggior sforzo ed una attenzione particolare, ed allora si lavorerà proprio sulla motivazione al trattamento, sull’atteggiamento comunicativo, sull’ansia da prestazione, e sulle deleghe comunicative. Nel caso in cui il genitore del paziente balbuziente sia a sua volta una persona che balbetta il timore di essere responsabile di aver geneticamente trasmesso il disturbo o di aver involontariamente fornito un modello linguistico errato ingenererà sensi di colpa così profondi che a volte potranno portare alla negazione stessa del problema. Altre volte l’ aver offerto un’educazione rigida, causa di ansia per il bimbo, oppure un’eccessiva protezione, originano paure che raggelano e bloccano, ispirando un circolo vizioso di ansia e protezione che si autoalimenta. quando un bimbo balbetta la madre accellera il ritmo nel parlato, aumentando così, in maniera del tutto inconsapevole, la severità della balbuzie nel suo bambino.
Rispettate i turni nel dialogo e spingere gli altri familiari a fare altrettanto è fondamentale.
Non interrompere il bambino che balbetta con domande, commenti o mettendogli fretta mentre sta cercando di esprimersi; non terminare le parole o le frasi per lui quando incorre nel blocco, i genitori pensano di aiutare il proprio figlio ma in realtà creano in lui frustrazione e rinforzano l’evitamento di situazioni temute.
L’operatore balbuzie dovrà conquistare la fiducia sia dei genitori, sia del paziente con problema di linguaggio in modo tale da rappresentare quel porto sicuro a cui far riferimento nei momenti di sconforto. Ben presto il soggetto balbuziente impara a mantenere rilassate le corde vocali e ad essere fluente; è interessante allora notare come scompaiano tutti i segnali mimici quali i già citati movimenti bucco-facciali ed il tremore del labbro. Scompare anche la fastidiosa sensazione descritta come “avere un sasso in gola”. Migliora la comunicazione e di pari passo la sicurezza del soggetto, che ora guarda negli occhi l’interlocutore, è sicuro di sé e l’eloquio appare molto più espressivo; in generale i pazienti che acquisiscono la fluenza sono assai meno ansiosi che in precedenza. Il cambiamento è ancora più interessante se si pensa che il paziente deve ristrutturare completamente il suo essere, ora infatti si percepisce in modo molto differente che in precedenza, e cambiano di riflesso tutte le dinamiche intra ed extra-familiari, ci sono aspettative diverse e anche più complesse, il rapporto coi compagni di scuola diviene paritario e c’è una maggior propensione ai rapporti interpersonali. Si indica spesso, come obiettivo indicativo, che il balbuziente dovrebbe idealmente arrivare a poter parlare senza blocchi ad una platea di persone, ma la maggior parte degli intensi cambiamenti cui si assiste durante la terapia derivano dal solo evento che è probabilmente il più importante di tutti: l’espressione del proprio pensiero.
Alla fine del trattamento viene richiesto ai bambini di poter svolgere a casa due disegni. In uno viene chiesto di rappresentare il vissuto provato da balbuziente, nell’altro come ci si sente da persone fluenti.
Le balbuzie.Si nota facilmente come ci possano essere una differenza sia nell’utilizzo dei colori, sia delle scene. Un caso è quello di un bambino che ha disegnato come balbuziente una scena tra compagni in cui veniva deriso e umiliato, utilizzando colori molto caldi a denotare una cerca quota aggressiva; come soggetto fluente si è raffigurato su una poltrona, abbandonato al relax e con un gran senso di sollievo, utilizzando colori più brillanti e vivaci. Altro caso interessante è stato quello di un bambino che ha disegnato il suo volto tutto completamente colorato di rosso, con espressione di rigidità per lo sforzo dato dal blocco della chiusura delle corde vocali; all’acquisizione della fluenza ha disegnato il suo volto dal colorito roseo, con espressione rilassata da cui partiva un fumetto in cui si notava il fluire delle parole. Ci sono casi di adulti altrettanto interessanti, infatti la terapia per la cura della balbuzie non conosce età! Concludendo si può evidenziare che il soggetto balbuziente dopo la terapia ha un miglioramento sia dal punto di vista psichico, sia corporeo.
La balbuzie. Trattamento
La dott.ssa Dora Siervo propone da oggi anche un programma di trattamento della balbuzie.
La comprensione e la cura di tale disturbo vengono presi in considerazione in una prospettiva complessa: il trattamento infatti agisce a livello degli organi della fonazione, sulla respirazione, ma ovviamente tiene conto della dimensione psicologica e delle dimensione relazionale in cui il paziente vive.
La dott.ssa Dora Siervo con l’ approccio ecobiopsicologico alla balbuzie riconosce la necessità e l’urgenza di fornire una risposta “tecnica” adeguata e tempestiva ad un disturbo che interferisce in modo significativo con l’armonico sviluppo della capacità di comunicare verbalmente in modo fluido, adattativo e piacevole con i propri simili, generando disagio e sofferenza ai pazienti e alle loro famiglie.
Contemporaneamente, rispetto ad altri approcci terapeutici la professionista non dimentica che ogni sintomo ed ogni crisi possiedono anche una valenza simbolica,e che quindi anche l’impaccio nella comunicazione verbale che caratterizza la balbuzie è, a sua volta, un modo di “comunicare” qualcosa, e chi lo tratta non può rinunciare a considerarlo anche con uno sguardo “simbolico”.
Per ulteriori dettagli sulla tecnica si rimanda al sito www.curadellabalbuzie.com.
Dott.ssa Dora Siervo – Psicologa Psicoterapeuta