Depressione e Tristezza: quali differenze?
La parola depressione è un termine entrato ormai a far parte del linguaggio abitualmente utilizzato da tutti nelle conversazioni di ogni giorno: vediamo tuttavia cosa può nascondersi dietro facili luoghi comuni.
Depressione e Tristezza. Cos’è la depressione?
Quando parliamo di depressione, siamo nell’ambito dei cosiddetti “disturbi dell’umore”, area della psicopatologia caratterizzata primariamente da una compromissione della qualità del vissuto affettivo: il termine “umore” rimanda, infatti, allo sfondo emotivo dell’esperienza, a quella dimensione della vita psichica che colora di segno positivo o negativo il senso che l’individuo attribuisce a se stesso e al proprio rapporto con la realtà (Tugnoli, 2014).
Depressione e Tristezza. I sintomi della depressione
La sindrome depressiva include un’alterazione dell’area affettiva, cognitiva, comportamentale e vegetativa, con un insieme di sintomi numerosi ed estremamente variabili da persona a persona: il vissuto soggettivo dell’individuo depresso comprende tristezza, disperazione, impossibilità di provare piacere; i sintomi cognitivi consistono principalmente in pensieri negativi su di sé, sul mondo e sul futuro e includono la sensazione di essere indegno, inutile, inadeguato e incapace, ed una ridotta capacità di concentrazione. Si manifestano con frequenza anche sintomi fisici: mancanza di energia, insonnia o ipersonnia, significative variazioni del peso corporeo, dolori privi di una causa organica definita.
La depressione diventa malattia quando finisce per occupare in modo pervasivo la vita psichica dell’individuo determinando importanti limitazioni, impedimenti o significative alterazioni a livello relazionale, lavorativo e sociale (ibid.).
Depressione e Tristezza. I dati statistici
Il disturbo depressivo ha tassi di prevalenza elevati: circa il 13% delle persone sviluppa un grave episodio depressivo in un determinato momento della vita (Alonso et al., 2004, in Atkinson & Hilgard’s, 2009).
Depressione e Tristezza. La cause della depressione
Stabilire una causa univoca nella genesi dei disturbi depressivi è un’impresa impossibile: è ormai opinione condivisa che i fattori genetici e biologici abbiano una forte influenza nello sviluppo di questo tipo di malattia (Gabbard, 2005), ma non dobbiamo dimenticare l’importanza delle prime esperienze relazionali in età infantile che, nel perenne gioco tra geni e ambiente, permettono la nascita della soggettività. La “predisposizione” alla malattia non basta però a giustificarne l’insorgenza: i dolorosi eventi di vita (lutti, separazioni, perdite) possono sottoporre l’individuo a un carico emotivo troppo pesante per quella persona in quella specifica fase di vita, favorendo quindi la comparsa di un episodio depressivo.
Non è sempre così ovvio, per coloro che soffrono di depressione, stabilire il perché si stia così male: spesso non è possibile motivare il malessere ai propri cari, che con tutte le buone intenzioni incoraggiano la persona depressa con frasi del tipo “la tua vita è piena di belle cose!”, “pensa a chi sta peggio di te!”, “mettici la volontà”. Purtroppo queste considerazioni non servono a nulla, o, nel peggiore dei casi, sortiscono l’effetto opposto: colui che soffre di depressione si sentirà ancora più in colpa, e vivrà anche sentimenti di solitudine non sentendosi compreso da nessuno. Non riuscire a nominare il dolore di cui si soffre getta in uno stato senza speranza, perché, oltre alla sofferenza, vi è anche la rabbia di non riuscire a trovare dentro di sé le parole che spieghino la propria condizione.
Depressione e Tristezza. Come uscire dal baratro della depressione?
In primo luogo imparando ad ascoltare i segnali che continuamente la parte meno razionale e più vicina al nostro nucleo autentico ci invia, in questa vita affollata di cose da fare. E in secondo luogo, se e quando c’è bisogno, avere il coraggio di chiedere aiuto ad un professionista di cui possiamo fidarci. Purtroppo non è così semplice accorgersi dei problemi interiori, e questo è uno degli aspetti più pericolosi della depressione: spesso le persone depresse non si rendono conto si esserlo, e in questo modo non cercano aiuto.
Depressione e Tristezza. Alcuni fraintendimenti
Il termine “depressione” può portare a fraintendimenti: è importante distinguere il sentimento di tristezza, insito nella natura stessa dell’essere umano, dalla depressione clinica, che indica una vera e propria condizione psicopatologica. Depressione e tristezza non sono sinonimi: a tutti noi capita di vivere momenti o attraversare fasi della vita in cui ci sentiamo privi di spinta vitale, apatici, tristi. Questo non significa che si debba ansiosamente far ricorso a una facile autodiagnosi di disturbo depressivo: il sentimento di tristezza non è solo uno stato della mente inevitabile, ma un’emozione che ha il suo significato.
Depressione e Tristezza. La tristezza ai nostri giorni
A proposito della Tristezza, in questi giorni si parla molto dell’ultima creazione della Pixar, il film d’animazione Inside Out: senza svelare il finale per chi ancora non l’avesse visto, il film (costruito con la consulenza di alcuni “addetti ai lavori” in campo psicologico) offre un divertente spaccato (sicuramente semplicistico e volutamente schematico) del funzionamento della mente con le sue emozioni personificate (Gioia, Tristezza, Rabbia, Paura, Disgusto), e su come queste, come in una stazione di controllo, si alternino al comando della vita della protagonista. Al di là degli aspetti narrativi legati alla trama della storia, Inside Out fa riflettere sul ruolo dei ricordi, sull’importanza delle esperienze vissute (in particolare quelle dei primissimi anni di vita) nel dare forma al nostro mondo interiore, in un incessante intreccio nel corso della vita tra una dimensione intrapsichica e una relazionale. In particolare però, l’aspetto più interessante e originale riguarda proprio il significato della tristezza: oggi sembra che al mondo non vi sia più spazio per l’espressione del dolore, la felicità è un bene di prima necessità che viene perseguito ad ogni costo, per cui l’importante è “non fermarsi mai”, avere sempre “il controllo”, sulla propria vita. Ci sono persone che nel tentativo di tenere più lontano possibile il dolore mentale, mostrano all’esterno atteggiamenti e comportamenti opposti rispetto al loro reale stato interno: le vedremo allora ridere sempre, essere terrorizzate dal silenzio, perché è nel silenzio che siamo costretti a ascoltare i nostri pensieri, anche (e soprattutto) quelli sgradevoli, cupi, dolorosi. È evidente che questa non può essere la soluzione alla sofferenza, perché una macchina dal motore affaticato non offre prestazioni migliori se la sua carrozzeria viene verniciata di un bel rosso brillante o, per non sentirne i cigolii interni, si alza il volume della radio.
Depressione e Tristezza. Ascoltare la tristezza
Il messaggio del cartoon è semplice e geniale: ascoltiamo la tristezza, lasciamole spazio invece di metterla in un angolo e zittirla, perseguendo un illusorio obiettivo di felicità forzata. Permettere a noi stessi di provare dolore non vuol dire autodistruggersi, ma consentire alla tristezza di svolgere l’importante funzione sottolineata nel cartoon, che comprende l’ascolto e l’accoglimento di ciò che provoca sofferenza e, se è possibile, riuscire a comunicarlo a chi ci sta vicino, permettendoci di ricevere il conforto e la vicinanza degli altri, di cui tutti abbiamo bisogno. A questo proposito, una poetessa messicana quasi sconosciuta, Maria Guerra, ha riassunto nella breve poesia che segue il valore legato all’esperienza dell’espressione del dolore, in particolare quando viene condiviso.
Le feste
Ci dovrebbero essere feste per
piangere
fino a formare un gemito solo
che un po’ ci allontanasse
da questa angoscia.
La gente
quella che sorride sempre
non salva nessuno
né si salva.
Depressione e Tristezza. Bibliografia
:: Atkinson, W.W, Hilgard, E.R. (2009) Introduzione alla psicologia. Piccin-Nuova Libraria Ed.
:: Gabbard, G.O. (2005). Psichiatria Psicodinamica. Raffaello Cortina Ed.
:: Guerra, M. (1995). Dove duole il tempo. Ed. Fahrenheit 451, Roma
:: Tugnoli, S. (2010). Tra le pieghe dell’ombra. Foschi Ed., Forlì