Corporeità e invecchiamento
Cosa succede all’immagine che abbiamo del nostro corpo quando invecchiamo? Per molti di noi i cambiamenti a cui va incontro il corpo avvengono silenziosamente, impercettibili alla nostra vista.
Corporeità e invecchiamento: il corpo allo specchio
Di giorno in giorno lo specchio ci rimanda la stessa, rassicurante immagine: è sempre il nostro viso che appare nel riflesso, magari mosso da differenti emozioni. I tratti però sono familiari, e l’abitudine alla convivenza con le medesime sembianze porta rapidamente l’attenzione lontana dallo specchio, rivolta ai ben più pratici e pressanti impegni quotidiani.
L’attenzione ai dettagli
L’occhio, ingenuo, poco allenato a cogliere i dettagli (o forse impaurito?) non nota i sottili sconvolgimenti della pelle, il corpo che cambia forma: trasformazioni e metamorfosi troppo poco percepibili per noi, che d’abitudine prestiamo attenzione ai cambiamenti solo se sono macroscopici, lampanti.
Accorgersi dei cambiamenti
Ma c’è un giorno, e sarebbe interessante chiedersi come mai proprio quel giorno, in cui guardando il nostro viso notiamo per la prima volta una ruga sulla fronte, un po’ di stempiatura, o il classico capello bianco: quali sentimenti, pensieri, idee, attraversano la mente della persona che, davanti allo specchio, scopre per la prima volta (o per l’ennesima lo constata) il segno tangibile del tempo sul suo corpo?
“Tutti invecchiamo”
Il corpo che invecchia, andando incontro ad inevitabili trasformazioni, rappresenta forse l’esperienza – oggettiva, non reversibile, appena suscettibile di forme più o meno efficaci di rallentamento – che più di ogni altra scavalca le differenze individuali esistenti nell’invecchiare, e accomuna tutti gli anziani nell’uguale processo di metamorfosi. È sempre importante ribadire che esistono corpi che invecchiano peggio, meglio, più rapidamente, con maggior lentezza: ma per tutti gli anziani ci sono colori che cambiano, fisici che si indeboliscono, membra più fragili.
Corporeità e invecchiamento: impressione e realtà
In certi periodi della vita si ha l’impressione che l’esperienza che si vive del proprio corpo coincida più o meno con l’immagine che ne vediamo, mentre, ad “una certa età”, sembra molto più facile l’acuirsi di una possibile frattura. Le due esperienze si scollano: ciò che si vede del proprio aspetto fatica sempre più ad essere in sintonia con come ci si sente (Algini, 2005). Quello che appare un destino naturale per gli altri, nel momento in cui si presenta come percezione soggettiva vissuta, porta con sé un effetto perturbante: i segni corporei legati all’invecchiamento possono essere vissuti alla stregua di una maschera, che inesorabilmente cala sulla persona e va a nascondere quello che viene ancora percepito come il “vero sé” interiore, sempre giovane. Spesso, il divario tra la propria immagine allo specchio (a stento riconosciuta come tale) e ciò che il vecchio sente di essere, è così intollerabile che porta a privilegiare il “restauro esterno”, non pensando che, forse, è “l’interno” ad essere rimasto indietro (Hillman, 1999).
Corporeità e invecchiamento. L’accettazione del cambiamento
Come si può colmare l’abisso tra il corpo che mostriamo al mondo e all’altro, e il corpo “nostro”, che sentiamo di essere dentro? La risposta può essere cercata nella capacità di accettare di cambiare proprio perché si sa che, in fondo, si rimarrà gli stessi di sempre. Se una persona è pronta a interessarsi ai propri cambiamenti, anche alla fine della vita, è perché è sicura di rimanere se stessa (Quinodoz, 2008).
Corporeità e invecchiamento. Come vivere l’invecchiamento?
Inoltre, ci sono vari modi di concepire il processo di invecchiamento del proprio corpo: da una parte, lo si può vivere come frutto di uno sfacelo casuale, inevitabile e inaccettabile; dall’altra invece, come il risultato di tutto ciò che è stato fatto in una vita, in cui ogni ruga è il segno visibile e – ormai – stabile di uno stato d’animo, così come l’andatura e la postura stesse del corpo. Non si tratta di prodotti del caso, ma di una scrittura cifrata sul corpo, delle abitudini prese, delle difese sempre utilizzate, dei sentimenti detti con la mimica del viso e del corpo prima ancora che con le parole. Sono tracce, insomma, del modo in cui abbiamo affrontato le vicende della nostra storia (Algini, 2005). Inoltre, se forse è riduttivo affermare che “la bellezza è nell’occhio di chi guarda”, è possibile guardare alla bellezza nella terza età come il risultato del rapporto dialettico tra lo sguardo – elemento appartenente tanto al corpo quanto alla mente – della persona che invecchia e lo sguardo dell’altro.
Corporeità e invecchiamento. Imparare a “osservarsi”
Si potrebbe aggiungere che il confronto con lo specchio può essere, forse, meno doloroso e “perturbante” per coloro che nella vita hanno imparato a osservare se stessi nello specchio con una sorta di continuità, d’attenzione, che non vuol dire diventare schiavi -come Narciso – del proprio riflesso, ma mantenere viva la curiosità nei confronti di quella immagine, familiare sì ma, contemporaneamente, densa di misteri in qualunque età della vita.
Corporeità e invecchiamento: un corpo “pesante”
Lo specchio non è il solo – o più temuto – elemento che rimanda l’evidenza degli anni vissuti: molte persone sono costrette a fare i conti con l’ingresso nella terza età nel momento in cui le prestazioni del corpo subiscono una flessione: forza, resistenza, velocità non sono più quelle di prima. Infatti, la presa di coscienza più sofferta e profonda si ha nel momento in cui l’anziano comincia a sentire la fatica del rivolgersi al mondo attraverso un corpo che pesa, che stanca, che fa male. Tramite i disagi fisici – seppur lievi – che accompagnano l’invecchiamento di tutti, il corpo comincia a reclamare attenzioni che prima non chiedeva, si fa sempre più oggetto da riparare e meno strumento di comunicazione e relazione. L’anziano è quindi costretto ad un cambiamento nel modo di vivere il corpo, perché può aprirsi un insormontabile abisso tra la volontà del vecchio – di fare, agire, essere nel e con il mondo -, e l’azione che, una volta richiesta al corpo, non riesce ad essere eseguita. Il corpo “traditore” prende così il sopravvento e impone, il più delle volte, una progressiva limitazione delle attività che prima si svolgevano, ponendosi come barriera tra l’anziano e il mondo che lo circonda.
Corporeità e invecchiamento: quali cambiamenti?
Vediamo più in dettaglio i cambiamenti fisici a cui va incontro l’anziano, che, nell’invecchiamento normale, riguardano soprattutto il sistema nervoso, quelli cardiovascolare, respiratorio, endocrino, scheletrico e muscolare, digestivo, urinario e genitale (Baroni, 2003). A livello cardiaco si verifica, già dalla trentina, una minore efficienza nel riportare il battito a livelli normali durante il recupero da uno sforzo e in generale diminuisce il volume di sangue pompato nell’unità di tempo; tuttavia per quanto riguarda i disturbi coronarici, il fattore genetico sembra più importante dell’età (Stokes, 1992). Anche il sistema scheletrico è soggetto a cambiamenti in quanto la massa ossea diminuisce con l’età. Questo cambiamento è più marcato nelle donne, dopo la menopausa, che negli uomini, e può portare all’osteoporosi, una malattia in cui la fragilità delle ossa può provocare cadute e fratture. Dopo i 40 anni diventa frequente anche un grado più o meno grave di osteoartrite e di problemi vertebrali (Baroni, 2003). La diminuzione della massa muscolare comincia dopo i 30 anni e poiché i tessuti muscolari non si riproducono e vengono sostituiti da grasso, questo provoca anche cambiamenti corporei considerevoli che, d’altra parte, sono anche influenzati dal tipo di alimentazione. L’indebolimento muscolare riguarda anche la vescica, con conseguenze sulla continenza. Anche l’efficienza del sistema gastrointestinale diminuisce, sempre per via della degenerazione dei tessuti, con la conseguenza di rendere più difficile l’assorbimento di alcune sostanze e di rallentare il metabolismo, ricucendo, per esempio, la tolleranza all’alcol. Inoltre la perdita dei denti, producendo difficoltà di masticazione, comporta problemi di alimentazione e di digestione. Pure il sistema immunitario manifesta un calo di funzionamento, con il risultato di rendere l’organismo più vulnerabile alle malattie virali e alle neoplasie (Baroni, 2003).
È importante sottolineare che le modificazioni dell’organismo indotte dall’invecchiamento sono da considerarsi normali ed avvengono complessivamente in maniera molto armonica.
Corporeità e invecchiamento.
Diversi vissuti nei confronti dell’invecchiamento
È proprio nel confronto con il cambiamento e nel venire – o meno – a patti con i segni lasciati dal tempo che però ritorna, decisiva, l’importanza della soggettività di ciascuno: ogni anziano vive a suo modo le trasformazioni nell’immagine e nella composizione stessa del corpo, influenzato in questo anche dal suo ambiente e dal contesto culturale e sociale nel quale si trova.
Corporeità e invecchiamento: un vissuto di perdita
Spesso, alle progressive mancanze tramite cui il corpo si impone all’anziano e a coloro che lo circondano, fanno eco le sottrazioni che il vecchio subisce nel suo mondo. Il vissuto di perdita rappresenta un aspetto inevitabile per il vecchio, e si sviluppa lungo più dimensioni: i lutti, subiti in numero sempre maggiore, la perdita del ruolo lavorativo, l’abbandono della casa, lo smarrimento di un posto all’interno del panorama sociale. Non è solo lo specchio a rimandare un’immagine cadente e sconosciuta: anche nel riflesso che restituisce la società, la vecchiaia appare come un elemento di fastidio, un ingombro inutile da cui sviare rapidamente lo sguardo.
Invecchiare nella società odierna
La società di oggi non rappresenta certo un luogo (fisico e mentale) ideale in cui invecchiare: bellezza e giovinezza sono gli ideali imperanti a cui tutti sembrano doversi adeguare. A sostegno del mito della giovinezza ci sono idee rigide e stereotipate che regolano la cultura occidentale, rendendo l’età avanzata più spaventosa di quello che è. Tra queste ricordiamo il fattore biologico, quello economico e quello estetico che, divenuti egemoni della nostra cultura, gettano sullo sfondo tutti gli altri valori, per cui la vecchiaia appare in tutta la sua inutilità, e l’inutilità è facilmente connessa all’attesa della morte (Galimberti, 2009).
La vecchiaia come spazio di arricchimento
Proprio a fronte di questa visione limitata e superficiale, diventa centrale ribadire l’importanza di una comprensione più profonda e sfaccettata della vecchiaia. Accanto ai dolori, ai limiti e agli ostacoli che la terza età impone all’uomo, dobbiamo considerare anche le acquisizioni e gli spazi di arricchimento personale che con la vecchiaia stessa si possono aprire. Avere, ad esempio, dopo una vita “di corsa”, il tempo di fermarsi a guardare… non necessariamente solo indietro, alla vita trascorsa, né esclusivamente avanti, perché il pensiero inevitabilmente corre verso la morte vicina. L’anziano può, forse, cominciare a volgere lo sguardo attorno a sé, attribuendo importanza alle “piccole cose” a cui in altre età non si dà peso, e, soprattutto, a prendersi particolare cura del proprio rapporto con gli altri, nella certezza che, soprattutto quando si è accompagnati da persone che accolgono e comprendono, la fase finale della vita può essere serena e ancora costituita da piacevoli scoperte.
Bibliografia
:: Algini, M.L. (2005). “Di una certa età…” Note sull’esperienza del corpo che cambia. Psicoterapia Psicoanalitica, XII, 2, 73-84.
:: Baroni, M.R., (2010). I processi psicologici dell’invecchiamento. Carocci Ed., Roma.
:: Galimberti, U. (2009). Il mito della giovinezza. In Galimberti, U., I miti del nostro tempo (pp.44-63) . Feltrinelli Ed., Milano.
:: Hillman, J. (1999). The Force of Character and the Lasting Life; tr. it. La forza del carattere (2000) Adelphi. Milano.
:: Quinodoz, D. (2008). Viellir: une découverte; tr. it. Invecchiare. Una scoperta (2009). Borla Ed., Roma.
:: Stokes, G. (1992). On being Old. The psychology of later life. The Falmer Press, London-Washington DC.
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