Consulenza psicologica scolastica
Caso di Giulia
Consulenza psicologica scolastica. Questa esperienza è tratta dal lavoro di consulenza presso un liceo scientifico. Il servizio di consulenza si configura come un centro di ascolto aperto durante la didattica, a cui possono rivolgersi per un colloquio: principalmente gli studenti, ma anche genitori e professori.
Consulenza psicologica scolastica. La mamma
La mamma di Giulia chiede un colloquio, perché non è riuscita convincere Giulia a prendere appuntamento. Vorrebbe che la figlia parlasse con uno psicologo ma affrontare l’argomento con lei fa scoppiare violente crisi di rabbia e pianto al punto che la signora ha smesso di provarci. E’ preoccupata per sua figlia perché la ragazza è molto introversa, non parla con nessuno, non ha amici. Anche quando è a casa preferisce isolarsi nella sua stanza dove o studia o rimane senza far niente. Il rendimento scolastico è piuttosto scarso nonostante Giulia passi molto tempo sui libri e a due mesi dall’inizio dell’anno scolastico (Giulia è al primo anno), non parla quasi con nessuno.
Questi due aspetti sono facilmente abbinati: al sovrainvestimento scolastico, con o senza rendimento, si accompagna spesso la difficoltà a vivere momenti di socializzazione con i coetanei. Anche nel caso di successo scolastico è importante verificare la qualità dei rapporti sociali: la fatica che l’eccesso di studio comporta, e il senso di solitudine per l’isolamento in classe, creano un disagio che alla lunga può spingere lo studente all’evitamento della scuola con l’interruzione degli studi.
Consulenza psicologica scolastica. Dalle medie alle superiori
Durante gli anni della scuola media la situazione per Giulia non era stata molto diversa, ma i risultati scolastici erano sufficienti e i rapporti con i compagni molto sporadici, ma presenti. E’ importante allora conoscere le reazioni di Giulia ai primi giorni di scuola per capire com’è andato l’inserimento al liceo e verificare se è stato il cambiamento di scuola a provocare il peggioramento. La mamma di Giulia però non sa dire se ci sono stati all’inizio o ci sono attualmente problemi con i compagni o con i professori: ritiene che ce ne siano.
L’inserimento al liceo è un momento molto difficile per tutti i ragazzi: hanno lasciato gli amici della scuola media e si trovano catapultati in una realtà nuova e più vasta di quella cui erano abituati. A volte si trovano in una classe dove si raggruppano ragazzi provenienti dalla stessa classe della scuola media o che, facendo parte della stessa comitiva, creano subito piccoli gruppi che affrontano la paura della nuova scuola chiudendosi all’esterno. Se i professori non colgono subito questa realtà, i gruppi si rafforzano lasciando isolati quelli che non ne fanno parte. Il senso di isolamento che ne consegue può risultare devastante anche se la classe può non essere la causa principale.
Il rapporto con i professori del liceo è inoltre molto diverso da quello lasciato con i professori della scuola media. Alle medie gli insegnanti hanno un atteggiamento più protettivo e accudente nei confronti degli studenti che sono poco più che bambini. Alla scuola superiore sono più esigenti. Si aspettano dagli studenti, come anche i loro genitori, maggiore attenzione e concentrazione e maggiore consapevolezza dei propri doveri scolastici. Questo cambiamento, che sul piano emotivo può stimolare atteggiamenti di rifiuto o sentimenti di inadeguatezza può essere motivo di rallentamento sul piano scolastico (sia a livello didattico che sociale) e per alcuni studenti è necessario un periodo di tempo più lungo per adattarsi alla nuova situazione.
Consulenza psicologica scolastica. La storia familiare
Giulia ha abitato in provincia con i suoi genitori fino a pochi mesi fa. E’ sempre stata una bambina molto seria e introversa, ha sempre parlato poco. E’ la prima di due figli (il secondo, molto estroverso ha quattro anni). La mamma di Giulia ha vissuto in grande solitudine il periodo della gravidanza e della crescita di Giulia (suo marito fa un lavoro che lo porta spesso lontano da casa), ricorda che piangeva spesso (piange anche mentre lo racconta). La mamma di Giulia è stata abbandonata da sua madre al momento della nascita ed è stata adottata poco dopo dai suoi attuali genitori. Giulia non era a conoscenza di questo fino a pochi mesi fa quando, durante un violento litigio tra madre e nonna, la nonna l’ha messa al corrente della situazione.
La mamma di Giulia è stata abbandonata da sua madre al momento della nascita ed è stata adottata poco dopo dai suoi attuali genitori. Giulia non era a conoscenza di questo fino a pochi mesi fa quando, durante un violento litigio tra madre e nonna, la nonna l’ha messa al corrente della situazione. Giulia ha reagito molto male, ora è arrabbiata con sua madre perché non le aveva detto niente, E’ angosciata all’idea di perdere l’affetto dei nonni materni perchè non naturali e si vergogna di essere figlia di una donna con origini incerte.
L’isolamento in cui si trova Giulia non è evidentemente una condizione legata all’inserimento alla scuola superiore, ma rientra in un quadro più ampio.
Le informazioni fornite dalla mamma di Giulia, fanno pensare che la ragazza si stia organizzando secondo una organizzazione di significato personale di tipo depressivo in cui la rivelazione dell’adozione materna e la temuta minaccia della perdita dell’affetto dei nonni materni, risultano eventi destabilizzanti in grado di attivare uno stato depressivo che si manifesta nella ricerca attiva della solitudine con l’evitamento dei rapporti con i coetanei e nella non richiesta di aiuto. Giulia probabilmente ritiene di non poter essere aiutata e di doversela cavare da sola.
La vergogna per le origini della madre, e quindi anche per le proprie, è evidentemente alla base delle attuali difficoltà della ragazza ad entrare in rapporto con i coetanei.
La vergogna, che è un sentimento molto presente durante l’adolescenza, è facilmente legata alla convinzione di avere qualche difetto fisico, ma può essere riferita a qualsiasi cosa che l’adolescente consideri importante per essere accettato in un gruppo. In questo senso la vergogna tutela dal rischio di venire rifiutati (paura per altro molto comune in questo periodo di vita come anche quella di essere oggetto di scherno e di frequentare coetanei dell’altro sesso). Gli adolescenti inoltre, ragionando in maniera egocentrica, credono di essere sempre al centro delle attenzioni degli altri e di essere visti dagli altri come essi stessi si vedono (ridicoli, inadeguati, ecc…), per questo motivo si vergognano spesso. Tenendo conto anche di questo si può immaginare che tipo di vissuti può avere Giulia a scuola.
Se è vero che l’ingresso alla scuola superiore è un momento molto delicato per ogni studente e che evidentemente può favorire l’esordio di una psicopatologia in soggetti psicologicamente più vulnerabili, è anche vero che la scuola, essendo un luogo dove i ragazzi passano buona parte della giornata dedicandosi in parte all’acquisizione di conoscenze, in parte ad attività extrascolastiche (gite, teatro, musica,…), può fornire in condizioni favorevoli un sostegno che può compensare almeno in parte questa vulnerabilità. A scuola Giulia potrebbe stabilire un rapporto significativo con una coetanea e/o un insegnante, ed avere un gruppo (la classe) a cui appartenere.
Consulenza psicologica scolastica. Il rapporto con i coetanei
Il rapporto con i coetanei è un aspetto su cui si può programmare un intervento a scuola: cercare di favorire il rapporto con i compagni di classe per moderare il grado di isolamento e creare almeno una possibilità di inserimento nel gruppo-classe. Ciò sarebbe possibile tramite un colloquio con la ragazza oppure tramite un programma di coinvolgimento da mettere in pratica attraverso l’intervento di uno o più insegnanti o ancora attraverso un incontro con tutta la classe finalizzato all’integrazione del gruppo.
Consulenza psicologica scolastica. Una situazione difficile
Il rifiuto di Giulia di rivolgersi al Servizio limita tutte le possibilità d’intervento dirette e comunque va rispettato. Una richiesta di colloquio con la ragazza da parte dello psicologo metterebbe Giulia in ulteriori difficoltà per esempio nei confronti dei compagni di classe perchè renderebbe pubblica la sua sofferenza e la esporrebbe maggiormente al loro giudizio: a scuola, come si può immaginare, è difficile far passare inosservato un intervento di questo tipo. Se anche fosse possibile superare il problema con i compagni di classe, ci sarebbe sempre il problema del giudizio dei professori che dovrebbero essere informati sul motivo dell’assenza della ragazza dalla lezione. Se in ultima analisi anche questo problema potesse essere superato e Giulia arrivasse al colloquio, il fatto di aver agito contro la sua volontà potrebbe stimolare ulteriori atteggiamenti di chiusura e rendere inutile il colloquio.
Infine il colloquio avuto con la madre, preclude molte possibilità di dialogo con lei.
Consulenza psicologica scolastica. La professoressa di italiano
Invito la mamma di Giulia a tornare per altri colloqui ma non ritorna. Mi capita invece di avere un colloquio con la professoressa di italiano di Giulia pochi giorni dopo il colloquio con la madre. L’insegnante mi chiede consiglio su come inviare al Centro di Ascolto questa ragazza che si nasconde sempre all’ultimo banco e risulta così isolata dai suoi compagni di classe: il suo rendimento scolastico è decisamente insufficiente anche se intuisce che non è questo il problema. Inizialmente la professoressa ha cercato di stimolarla a modo suo, facendola sedere ai primi banchi, chiedendole se c’era qualche problema, ma Giulia ha sempre risposto con la chiusura per cui l’insegante ha smesso di farlo.
In generale è difficile per uno studente confidarsi con un professore. Questo per vari motivi, soprattutto perché i professori sono le stesse persone che lo devono poi valutare nella preparazione scolastica. Inoltre, comunicare con un professore non rientra probabilmente nei piani di autonomia di Giulia che, come tutti gli adolescenti, comincia a sentire il bisogno di essere autonoma dagli adulti.
La professoressa di italiano vorrebbe che io parlassi con Giulia. Dal momento che come già detto, la ragazza non è disponibile, propongo all’insegnante di parlarci lei seguendo alcune mie indicazioni.
Consulenza psicologica scolastica. La compagna di banco
Di lì a poco la classe andrà in gita per quattro giorni. Partecipare alla gita potrebbe essere un primo passo per l’inserimento della ragazza nel gruppo-classe. Giulia però non ne vuole sapere di andare. Occorre che sia qualcuno più vicino a Giulia a proporle la gita. Continuando il colloquio viene fuori che Giulia un’amica in classe ce l’ha ed è una ragazza che ora è anche sua compagna di banco. Ci scambia poche parole ma il vissuto interiore potrebbe anche essere quello di un’amicizia più importante anche se dall’esterno questo non è cosÏ evidente.
Le amicizie a quest’età, oltre ad avere un ruolo importante sul piano psicologico e sociale (un coetaneo sembra un punto di appoggio più adeguato per la realizzazione dell’autonomia), possono essere di aiuto in situazioni come questa. Si può comunicare con il membro meno accessibile della coppia attraverso quello che sembra più disponibile.
Propongo di comunicare con Giulia attraverso la compagna di banco partendo dal presupposto che questa sia per lei una persona significativa. Si tratta di fornire gli strumenti alla professoressa per comunicare con Giulia attraverso la compagna di banco sostenendo quest’ultima nell’affrontare il possibile rifiuto di Giulia.
Consulenza psicologica scolastica. Il miglioramento
Il progetto ha buon esito. Dopo diversi rifiuti, l’insistenza dell’amica la convince e Giulia partecipa alla gita. Non mi dilungo su come si è poi trovata Giulia in una situazione di libertà e distanza dai conflitti familiari e scolastici e di quanto questo possa aver favorito un’apertura nei confronti dei coetanei (da quanto risulta al ritorno a scuola, il numero di compagni con cui Giulia ha contatti è aumentato e il suo rendimento scolastico sembra in via di miglioramento).
Consulenza psicologica scolastica. Riflessioni
Volevo più che altro descrivere un caso complesso e la possibilità di fare interventi anche quando non c’è una richiesta diretta di aiuto, eventualità che si rivela frequente a scuola per i motivi che ho in parte già elencato: i ragazzi non si vogliono esporre, hanno paura di essere giudicati male (che si pensi di loro o come malati di mente o infantili), o di essere presi in giro, credono di non poter essere aiutati, a volte non sono consapevoli del proprio disagio che magari attribuiscono all’atteggiamento di qualche professore o di qualche compagno di classe.
Parlare con qualche compagno in più non risolve certamente i problemi di Giulia (per i quali sarebbe più utile un sostegno psicoterapeutico) ma, interrompendo temporaneamente il circolo vizioso vergogna-evitamento-isolamento, crea i presupposti per l’instaurarsi di nuovi rapporti in classe.
Casi come quello di Giulia vanno monitorati continuamente potendo contare sulle osservazioni degli insegnanti, e valutata di volta in volta la possibilità/necessità di intervenire più o meno direttamente.
Articolo di Patrizia Mattioli